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comunicato stampa
APP – Ascoli Piceno Present: l’ottava edizione il 13 e 14 ottobre

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APP – Ascoli Piceno Present, festival multidisciplinare delle arti sceniche contemporanee torna ad Ascoli Piceno per l’ottava edizione il 13 e 14 ottobre su iniziativa del Comune di Ascoli Piceno con l’AMAT e il sostegno di Regione Marche e MiC per la consueta full immersion nel teatro, musica e danza dell’oggi, importante punto di arrivo di una programmazione che offre uno sguardo sui nuovi linguaggi della scena.

Una occasione privilegiata per quanti amano confrontarsi con le espressioni più significative del presente che dal pomeriggio a notte fonda vanno ad abitare con 11 spettacoli per 19 repliche i magnifici spazi della città per una festa delle arti sceniche contemporanee.

La prima giornata del festival si apre con Officina oceanografica sentimentale di Samovar, spettacolo di spatole, rotelle e onde tout public, da 5 anni, per 7 viaggiatori/spettatori alla volta proposto in cinque repliche (ore 17, 17.45, 18.30, 19.15, 20) nel Teatro Roulotte in Piazza Ventidio Basso. Premio Ubu 2022 “Miglior spettacolo di Danza”, Inferno di Roberto Castello giunge in scena al Teatro Ventidio Basso alle ore 20.30, una coproduzione internazionale, una tragedia in forma di commedia ballata seducente, coinvolgente, brillante sull’invadenza dell’ego.

Al Teatro dei Filarmonici alle ore 22 è la volta di Città sola, produzione della pluripremiata compagnia Lacasadargilla, un progetto di Alessandro Ferroni, Lisa Ferlazzo Natoli e Maddalena Parise dal testo della scrittrice e critica letteraria britannica Olivia Laing che ragiona e cammina per le strade di New York disegnandone una mappa peculiare e affettiva, come una cartografia tracciata lungo l’abisso dell’isolamento. Gli artisti abitano questa solitudine urbana in una radicale coincidenza con la propria opera dando vita a uno spettacolo formidabile.

La prima giornata di APP si chiude alla Chiesa di San Pietro in Castello (ore 23.30) con Gemini blue in concerto, nell’ambito di Glocal Sound / Giovane musica d’autore in circuito, duo lombardo composto da Osasmuede Aigbe / Oz (voce e chitarra) e Giacomo Sansoni / Jack (batteria e percussioni), contaminato da sonorità etniche e tribali, influenze rock e grunge.

Sabato 14 ottobre è sempre Officina oceanografica sentimentale di Samovar a inaugurare la full immersion di APP alle ore 11 nel Teatro Roulotte in Piazza Ventidio Basso, con lo spettacolo tout public in replica anche alle ore 15.30, 17, 18.30 e 20.

Leone d’Oro alla Biennale di Venezia 2019, performer, coreografo, regista, con alle spalle una formazione nell’ambito delle arti visive, considerato come uno dei più innovativi autori europei (Prix Europa 2018), Alessandro Sciarroni presenta alle ore 12 alla Pinacoteca Civica (Sala della Vittoria) Dialogo terzo: in a landscape, creazione per sei interpreti su musiche di John Cage e Stefano Sardi coprodotta con Collettivo Cinetico.

Un luna park e un appartamento, sono i luoghi di una violenza e di una vendetta, di un passato che non si dimentica e di un presente in Con la carabina, spettacolo teatrale diretto da Licia Lanera al Ridotto del Teatro Ventidio Basso alle ore 16. Un dramma dell’enfant prodige Pauline Peyrade vincitore del Premio Ubu 2022 quale miglior testo straniero messo in scena per la regia Licia Lanera, con Danilo Giuva ed Ermelinda Nasuto.

APP prosegue al Teatro dei Filarmonici (ore 17.30) con gli Asini Bardasci in Con grande sprezzo del ridicolo, testo nato dalla penna di Fabio Marson, con Filippo Paolasini, che firma anche la regia, Lucia Bianchi e Marco De Rossi. Coproduzione del Network NdN, lo spettacolo ha al centro una coppia, appena giunta nella Torino di fine XIX secolo, mettendo in luce legami, relazioni, sogni proibiti, spesso non realizzabili, menzogne e tradimenti.

Alcune coreografie di Jacopo Jenna, coreografo, performer e filmaker – alla Chiesa di Sant’Andrea alle ore 19.15 - mette in dialogo la danzatrice Ramona Caia con un prezioso e ponderoso lavoro di raccolta video di Roberto Fassone e diverse tipologie di danze, sulla musica originale di Francesco Casciaro.

Il provocatorio e geniale artista belga Jan Fabre, porta in scena alle ore 21 al Teatro Ventidio Basso Resurrexit Cassandra (spettacolo in lingua francese con sopratitoli in italiano), testo firmato da Ruggero Cappuccio. La sacerdotessa inascoltata, interpretata da Stella Höttler, risorge dalla mitologia greca e dal Mount Olympus di Fabre e diventa protagonista di questo assolo in cinque quadri. Una Cassandra contemporanea cerca di parlare agli uomini ancora una volta, avvertendoli del disastro a cui stanno andando incontro, ma le sue parole cadono nel vuoto, nessuno ascolta, non trova complicità negli occhi della gente, neanche un ultimo brandello di fede.

Conclude APP – ore 23 alla Chiesa di San Pietro in Castello – il concerto di Daniela Pes, cantante, strumentista e musicista elettronica che giunge ad APP con il suo primo album Spira, prodotto da Iosonouncane, Targa Tenco 2023 come Miglior Opera Prima.

Abbonamenti (posti limitati, 9 spettacoli, Officina oceanografica sentimentale fuori abbonamento) 50 euro. Informazioni, prenotazioni e prevendite biglietteria del Teatro 0736 298770, AMAT 071 2072439, on line su www.vivaticket.com (solo biglietti singoli spettacoli). Infoline 334 6634432, attiva i giorni del festival.

VENERDÌ 13 OTTOBRE

H 17, 17.45, 18.30, 19.15, 20

TEATRO ROULOTTE

C/O PIAZZA VENTIDIO BASSO


SABATO 14 OTTOBRE

H 11, 15.30, 17, 18.30, 20

TEATRO ROULOTTE

C/O PIAZZA VENTIDIO BASSO


SAMOVAR

OFFICINA

OCEANOGRAFICA

SENTIMENTALE

[spettacolo tout public, da 5 anni, per 7 spettatori alla volta

durata 15 minuti]

di e con Luca Salata

Spettacolo di spatole, rotelle e onde per sette viaggiatori nella roulotte/tatro. Quindici minuti di apnea per capire com’è profondo il mare perché il pensiero come l’oceano non lo puoi bloccare. Tutti noi, da Ulisse a Noè fino ad Aylan, siamo passati per l’acqua per cercare la vita.

La Compagnia Samovar è un intreccio artistico di clown musicale, teatro comico-poetico e marchingegni.

Compagnia indipendente e famigliare, composta da Luca e Davide Salata, affonda le sue radici artistiche nell’Est Europa per poi sbocciare in terra italiana. I due fratelli alti, snelli e baffuti si muovono con equilibrismi musicali tra facchinaggio clownesco, attorialità verace, fai da te bresciano e camionismo intellettuale. Abili in tutto ed esperti in nulla, fanno della loro sensibile visione del mondo il grande show.

VENERDÌ 13 OTTOBRE

H 20.30

TEATRO VENTIDIO BASSO

ALDES / ROBERTO CASTELLO

INFERNO

[durata 75 minuti]


coreografia, regia, progetto video Roberto Castello

in collaborazione con Alessandra Moretti

danza Martina Auddino, Erica Bravini, Riccardo De Simone, Susannah Iheme

Michael Incarbone, Alessandra Moretti, Giselda Ranieri

musica originale Marco Zanotti in collaborazione con Andrea Taravelli

fender rhodes Paolo Pee Wee Durante

luci Leonardo Badalassi

costumi Desirée Costanzo

consulenza 3D Enrico Nencini

mixaggio audio Stefano Giannotti

mastering audio Jambona Lab

un ringraziamento a Mohammad Botto e Genito Molava per il prezioso contributo

una coproduzione ALDES, CCN de Nantes, Romaeuropa Festival, Théâtre des 13 vents CDN

Centre Dramatique National Montpellier, Palcoscenico Danza – Fondazione TPE

e con il sostegno della Rassegna RESISTERE E CREARE di Fondazione Luzzati Teatro della Tosse ARTEFICI.ResidenzeCreativeFvg / ArtistiAssociati

con il sostegno di MiC / Ministero della Cultura, REGIONE TOSCANA / Sistema Regionale dello Spettacolo

Premio UBU 2022 – Miglior spettacolo di Danza

L’inferno nella cultura occidentale è il luogo dell’immaginario che più di ogni altro ha offerto spunti a predicatori, illustratori, pittori, scultori, narratori, registi, musicisti. È il luogo dell’espiazione delle colpe morali e materiali in cui i malvagi vengono puniti e il bene trionfa sul male. È il luogo del sovvertimento e del caos nella cui rappresentazione tutto può coesistere. Ma sarebbe poco credibile oggi una rappresentazione del male come regno di un diavolo sulfureo munito di coda, corna e forcone. L’Inferno è qui, e assomiglia molto al Paradiso. È ciò che spinge a fare ogni sforzo per apparire ogni momento più bravi, più giusti, più belli, più forti, più attraenti, più responsabili, più umili, più intelligenti, che spinge a competere per ottenere gratificazioni morali, sociali, economiche, affettive. Di qui l’idea di Inferno, una tragedia in forma di commedia – seducente, piacevole, coinvolgente, brillante e divertente – sull’invadenza dell’ego.

VENERDÌ 13 OTTOBRE

H 22

TEATRO DEI FILARMONICI

LACASADARGILLA

CITTÀ SOLA

[durata 70 minuti]


di Olivia Laing

traduzione Francesca Mastruzzo

riduzione e drammaturgia Fabrizio Sinisi

un progetto di lacasadargilla

ideazione Alessandro Ferroni, Maddalena Parise / lacasadargilla

regia Alessandro Ferroni e Lisa Ferlazzo Natoli

con Lisa Ferlazzo Natoli

voci registrate Emiliano Masala, Tania Garribba

ambienti visivi e spazio scenico Maddalena Parise

paesaggi sonori Alessandro Ferroni

disegno luci Omar Scala in collaborazione con Luigi Biondi

costumi Anna Missaglia

sound design Pasquale Citera

aiuto regia Matteo Finamore

coordinamento artistico Alice Palazzi

collaborazione al progetto Emiliano Masala

produzione lacasadargilla, Angelo Mai, Bluemotion, Teatro Vascello La Fabbrica dell’Attore

in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa

in network con Margine Operativo /Attraversamenti Multipli

“Immaginate di stare alla finestra, di notte, al sesto o al settimo o al quarantatreesimo piano di un edificio. La città si rivela come un insieme di celle, centinaia di migliaia di finestre”. Olivia Laing ragiona e cammina per le strade di New York disegnando una cartografia privata lungo l’abisso dell’isolamento. New York diventa tutte le città che abbiamo attraversato e racconta una solitudine che può essere solo urbana, una passeggiata in sette capitoli per sette inquilini speciali: sei artisti e un intruso, Josh Harris fondatore della prima società di ricerche di mercato su Internet. Inquilini che popolano la città sola di Olivia Laing, una vera e propria “città a sé stante” che scopriamo essere, in fondo, un posto molto affollato.

Città sola come materia viva è il libro passato di mano in mano durante gli anni di scrittura de Il Ministero della Solitudine – creazione originale de lacasadargilla e Fabrizio Sinisi, di con e per cinque attori –, diventandone quasi uno spin-off e allo stesso tempo un organismo completamente autonomo. Perché Città sola ha saputo rintracciare tra le pieghe della solitudine quel legame personale e politico tra artista e opera che per condizione o per scelta, come un doppio laccio, non lascia scampo né sopporta compromessi – “io mi espongo nei miei quadri” dice Hopper.

Gli artisti di Città sola abitano questa solitudine urbana in una radicale coincidenza con la propria opera e Olivia Laing, portatrice sana delle loro storie, li dispone uno ad uno: alcuni noti come Hopper e Warhol, altri quasi sconosciuti come Nomi, Darger, Wojnarowicz, Leonard. Laing attraversa i quadri-acquario di Edward Hopper, interni di vetri solidi e trasparenti con corpi esposti che sembrano solo voler essere “visti, compresi e accettati”; i registratori e le telecamere di Andy Warhol che si traveste per aggirare gli abissi di incomunicabilità e riuscire a incapsulare il tempo; la grazia politica di David Wojnarowicz nella New York degli anni ottanta, gli scritti formidabili, le fotografie scattate lungo i moli di Chelsea grazie alla maschera di Arthur Rimbaud; le 15.145 pagine di memoir, i collage e le sinfonie di colori di Henry Darger, artista poverissimo, “inventore di mondi”; la figura aliena, la voce quasi disumana di Klaus Nomi “controtenore dell’electro-pop” nella New York dell’Aids; “le passeggiate nei viali luminosi di Internet” accanto a Josh Harris imprenditore che per primo, all’alba del nuovo millennio, ha visto la forza motrice del mondo digitale tra le trame delle nostre solitudini. Un’analisi politica e affettiva scorre lungo le strade di Città sola e segna anche il capitolo finale del libro dedicato all’opera di rammendo di Zoe Leonard: 302 frutti essiccati, ricomposti e ricuciti con filo, cerniere e bottoni. Zoe Leonard e Billy Holiday una accanto all’altra in un vero e proprio atto di riparazione, per tutti gli amici persi, per comprendere il perturbante lavorio del tempo nelle nostre vite. Perché se l’arte “non può riportare in vita i morti, né sanare le liti tra amici, o fermare il cambiamento climatico, ha funzioni tutte sue: può creare intimità, curare le ferite, o dimostrare che non tutte le ferite hanno bisogno di essere curate”.

È proprio per tutto questo rovistare tra solitudini, individuali e collettive che Città sola ci somiglia così tanto. Nell’impressione che si ha di un camminare notturno tra le strade di ogni città possibile. Dentro una collettività perduta che riconosce l’arte anche come rammendo delle anime, Laing tocca lo scandalo della solitudine e allo stesso tempo quella vertigine che l’essere soli produce in un corpo compromesso e non più disposto a guardare altrove. In Città sola è come se passeggiassimo meditando tra le vite – private, artistiche e politiche – in un movimento d’investigazione tra epoche, antropologie, biografie e nodi lancinanti del nostro presente.

VENERDÌ 13 OTTOBRE

H 23.30

CHIESA DI SAN PIETRO IN CASTELLO

GEMINI BLUE

IN CONCERTO

voce e chitarra Osasmuede Aigbe - Oz

batteria e percussioni Giacomo Sansoni - Jack

nell’ambito di Glocal Sound / Giovane musica d’autore in circuito


I Gemini Blue sono un duo originario del Lago di Garda formato nell'estate 2020 da Osasmuede Aigbe e Giacomo Sansoni. Le radici musicali del progetto affondano nell’ampia palude del blues (da Junior Kimbrough agli All Them Witches passando per i Black Keys), e si spingono ad abbracciare sonorità funk, psichedeliche, hip hop e etnico tribali della scena musicale subsahariana, in un mix in cui le ambientazioni mistiche e introspettive, l’improvvisazione e l’estro strumentale sono al servizio di una produzione song oriented. Nel 2021 vengono pubblicati i primi singoli The Mountain e If You Change Your Mind. Nel 2022 partecipano alle selezioni di XFactor suscitando unanimi commenti positivi. Tra ottobre 22 e gennaio 23 vengono pubblicati i singoli Alternatives, Bullshit Song, Demons Of The City. Players Will Play, Lovers Will Pay, è il loro debutto sulla lunga distanza.

Players Will Play, Lovers Will Pay è una raccolta di brani eclettici e variegati, distillato di influenze e approdi che disegnano l’universo sonoro di Gemini Blue. Una fotografia che imprime la produzione del duo dalla sua formazione al presente, in un disco suonato “alla vecchia” ma figlio di un ricercato lavoro di studio accanto a Paolo Blodio Fappani, in cui il sentimento del “Blue” e la visione spirituale mistica e introspettiva flirtano con suoni e timbri che sono ponte tra tradizione e futuro. L’artwork di Players Will Play, Lovers Will Payè il secondo capitolo della collaborazione tra Gemini Blue e il Collettivo KNUP! in un comune approccio “politico” ma non “ideologico” alla creazione artistica.

SABATO 14 OTTOBRE

H 12

PINACOTECA CIVICA, SALA DELLA VITTORIA

COLLETTIVO CINETICO

ALESSANDRO SCIARRONI

DIALOGO TERZO:

IN A LANDSCAPE

[durata 35 minuti]

coreografia e regia Alessandro Sciarroni

azione e creazione Simone Arganini, Margherita Elliot / Teodora Grano

Carmine Parise, Angelo Pedroni, Francesca Pennini, Stefano Sardi

musiche John Cage, Stefano Sardi

abiti Ettore Lombardi

luci Alessandro Sciarroni

tecnica Stefano Baraldi

coproduzione CollettivO CineticO, Aperto Festival - Fondazione I Teatri di Reggio Emilia

Teatro Comunale di Ferrara, Operaestate Festival Veneto/CSC, Marche Teatro

Centrale Fies / Art Work Space

Credo che il lavoro dovrebbe chiamarsi In a landscape: vorrei rubare questo titolo al brano omonimo di John Cage...e vorrei anche utilizzarlo in scena. Credo che il brano possieda l’atmosfera giusta. Composto nel 1948, per piano o per arpa “to sober and quiet the mind, thus rendering it susceptible to divine influences”. Con il Collettivo Cinetico per ora ci stiamo allenando ad una nuova pratica. Come nei miei altri lavori c’è sempre qualcosa di leggero e misterioso nell’ostinazione della ripetizione, qualcosa che sembra avere un’energia opposta rispetto alla pazienza, alla fatica, e all’ostinazione dell’azione che stanno compiendo. Ma questa volta mi sembra di riuscire a vedere anche dell’altro. Mi sembrano delle figure tutte tese verso ciò che pare somigliare ad un sentimento di serena determinazione che tende ad una sparizione: un’estinzione volontaria del soggetto. Un atto d’amore estremo. La scelta di una dipartita definitiva. Ma ammetto che il mio sguardo non sia oggettivo. Alessandro Sciarroni

CollettivO CineticO e Alessandro Sciarroni sono tra i più iconici e determinanti esponenti delle arti performative contemporanee in Italia. Li vediamo insieme a confronto in Dialogo terzo: in a landscape, terzo e ultimo “dialogo” del Collettivo dopo quelli con Sharon Fridman ed Enzo Cosimi. Sono pochi gli autori affermati e maturi a potersi permettere di lavorare in co-creazione su coreografia e regia altrui: Collettivo Cinetico ha sempre impressionato per il perfezionismo spietato delle sue produzioni, macchine da scena con la precisione e l’infaticabilità degli automi che sanno far scaturire il turbamento e il lirismo non tanto dal virtuosismo in sé, quanto dalla sfida aperta che la drammaturgia lancia ai corpi, come un algoritmo programmato appositamente per esaurire le potenzialità del biologico, in una dimensione postumana che appare ancora più umana; Alessandro Sciarroni ha da tempo intrapreso la strada di una partitura scenica fatta di figure semplici e pregnanti, quasi semi minimi del movimento significante che si ripetono ossessivamente e si modulano in contrappunti nel tempo della scena, con una compostezza, un chiarore e una ieraticità da Piero della Francesca. Qui le due attitudini si incontrano, e qualcosa accade. Collettivo Cinetico si fa suonare come su partitura, ed è come quando Jeff Buckley canta Leonard Cohen. Lunghe gonne marroni anni ’40-’50 e castigate camicette, in una scena di frugalità post bellica, neorealista. Un po’ come i carri armati, la cioccolata e le sigarette americane, irrompono però hula hoop verde vivace a muovere i corpi. Più che un atto liberatorio, è l’attivazione di una coazione: ciclica e ossessiva come in Sciarroni, spietata e algoritmica come in Collettivo Cinetico. La figura-seme dell’hula hoop tira i corpi in una dimensione cognitiva in cui la perturbazione dei bacini a tratti tende a farsi rumore di fondo, nuovo standard di involontarietà come il respiro o il battito del cuore. Nel frattempo sguardi, cenni, cambi di posizione, tutto in un vocabolario ridotto all’osso come in un pezzo di Terry Riley: stabilito e tenuto uno schema che invade lo spazio e si impone sulle percezioni, ogni spostamento dalla griglia è un evento, un turbamento, un ridestamento; è un assalto all’intera architettura e alle percezioni che vi avevano incautamente fatto affidamento. Gli hula hoop diventano elementi di un’opera d’arte cinetica e programmata, o del cinema di animazione dada o costruttivista, elementi di uno spettacolo di pure geometrie. Talvolta i corpi diventano addirittura il semplice tramite di un movimento che gli hula hoop sono tenuti a fare nell’aria, fino al momento paradossale in cui sembrano immobili nell’aria e i corpi sembrano muoversi intorno a loro, in un principio galileiano che in deroga e per beffa ha spostato i sistemi di riferimento. E una piccola falla nel nostro rapporto con il mondo si spalanca. Donato Faruolo, Città delle 100 Scale

ALESSANDRO SCIARRONI Leone d’Oro alla Biennale di Venezia 2019, performer, coreografo, regista, con alle spalle una formazione nell’ambito delle arti visive, è considerato come uno dei più innovativi autori europei (Prix Europa 2018). I suoi lavori sono rappresentati all’interno di festival di danza e teatro contemporanei, musei e gallerie d’arte e prevedono il coinvolgimento di professionisti provenienti da diverse discipline. È stato invitato in 21 paesi europei, in Uruguay (FIDCU) e negli Emirati Arabi Uniti (Abu Dhabi Art Fair) e in prestigiosi Festival quali “Rencontres chorégraphiques internationales di Seine-Saint-Denis”, Festival “Impulstanz” di Vienna, “Kunstenfestivaldesarts” di Bruxelles e il Festival d’Autunno di Parigi.

SABATO 14 OTTOBRE

H 16

RIDOTTO TEATRO VENTIDIO BASSO

LICIA LANERA

CON LA CARABINA

[durata 50 minuti]


di Pauline Peyrade

con Danilo Giuva, Ermelinda Nasuto

regia e spazio Licia Lanera

traduzione Paolo Bellomo

luci Vincent Longuemare

sound design Francesco Curci

costumi Angela Tomasicchio

aiuto regia Nina Martorana

organizzazione Silvia Milani

produzione Compagnia Licia Lanera

coproduzione POLIS Teatro Festival

in collaborazione con Angelo Mai e si ringrazia E Production

Una bambina di 11 anni che un tribunale francese ha riconosciuto consenziente allo stupro che ha subito da parte di un amico del fratello maggiore, decide, diventata donna, di farsi giustizia da sola. La storia è continuamente divisa tra passato e presente: il primo ambientato in un luna park, il secondo a casa della donna. In entrambi i luoghi si consuma una violenza, ma i ruoli sono invertiti. Con la carabina è un testo lucido e imparziale, che fugge dall'idea di dividere categoricamente il mondo in buoni e cattivi, ma analizza i meccanismi culturali e antropologici che fanno scaturire alcuni comportamenti violenti. Questa analisi, insieme ad una scrittura viva e affascinante, sono gli elementi che mi hanno portato prima ad abitarlo, poi a patirlo e infine a metterlo in scena. Ne è venuto fuori uno spettacolo-incubo, un non luogo, in cui ci sono due attori/servi di scena che si fanno ora adolescenti ora adulti ed evocano attraverso la parola e pochi elementi scenici, la dinamica di una storia atroce. Lo spettacolo è claustrofobico e violento, si muove scandito dalle luci di un set fotografico che muta continuamente per mano degli attori stessi. Pensato per luoghi piccoli in cui la distanza del pubblico dallo spazio scenico è minima, la prospettiva dello spettatore quindi è vicina e continuamente disturbata da queste piantane luci, che lo mettono nello scomodo e allo stesso tempo pruriginoso ruolo di colui che spia il privato più privato. Davanti ad esso si intervalla il gioco all'orrore, la giovinezza alla morte; è un'orrenda stanza dei giochi, uno Squid Game in cui chi ha pagato il biglietto può guardare da vicino uno stupro o una morte. Non ci sono vincitori in questa ruota infernale, ma solo lo specchio di una società che ha fallito clamorosamente. Tra conigli, giocattoli e canzoni di Billie Eilish sfila una storia come tante, una storia miserabile per cui è impossibile non provare pena e profondo dolore.

SABATO 14 OTTOBRE

H 17.30

TEATRO DEI FILARMONICI

ASINI BARDASCI

NDN

CON GRANDE SPREZZO

DEL RIDICOLO

[durata 70 minuti]

di Fabio Marson

con Filippo Paolasini, Lucia Bianchi, Marco De Rossi

regia Filippo Paolasini

luci Max Mugnai

musiche Andrea “Jimmy” Catagnoli

costumi Lapi Lou

scenografia Marco Scarpa

coproduzione Network NdN - capofila Idra Teatro ets, Teatro LiberoPalermo

Fondazione Atlantide TeatroStabile di Verona, Centro TeatraleMaMiMò

Una coppia, appena giunta nella Torino di fine XIX secolo, cerca di adattarsi nella grande città: casa nuova, abitudini nuove, comunità nuova. Il marito, Giuseppe, impiegato al Ministero degli Esteri, un giorno si imbatte, presso il Parco del Valentino, nel recinto di sei nobili Assabesi, ospiti della grande esposizione italiana; qui rimarrà folgorato dalla bellezza di Kadiga, "la principessa africana". Questo incontro, costantemente supervisionato dal guardiano del parco, si trasformerà presto in ossessione, portando a destabilizzare il suo matrimonio con Elena fino a conseguenze inimmaginabili.

Con grande sprezzo del ridicolo è la punta di un iceberg virtuoso coordinato dalla rete NdN; rete di partner localizzati in tutta Italia, che hanno permesso un approccio creativo e con le giuste tempistiche alla messa in scena. Ho amato da subito il testo nato dalla penna di Fabio Marson, vincitore della prima parte del bando. Ho sentito che la superficie su cui si svelala drammaturgia aveva radici ben più profonde. Queste radici parlavano di legami, relazioni, sogni proibiti, e spesso non realizzabili, menzogne e tradimenti, dove spesso il tradire coincide con la mancanza di mettersi nei panni degli altri. Sono partito dalla costruzione archetipica dei personaggi: Giuseppe Musso ha tratti riconducibili a tutti i maniaci di successo con la sindrome del perdente addosso, Elena è debole ma è un tratto che con il passare del tempo perde a favore di una consapevolezza che la porta ad avere molto più potere, infine il Guardiano che rimane senza nome per quasi tutto lo spettacolo, è l'altra faccia della medaglia, il lato opposto di Giuseppe Musso che attenta alla fantasia, che sogna di essere altro, ma lui è consapevole, a differenza del Musso, delle dinamiche della grande città, delle sue passioni e tentazioni. Gli Assabesi e la Baia ricostruita nel parco del Valentino sono l'ospite atteso, anelato, visto (ma poi chissà quanto…) solo dai protagonisti dello spettacolo. Kadiga è una chimera, la principessa suo malgrado, la vera attrazione: tutti sono innamorati di Kadiga, tutti sono stregati da Kadiga, tutti vogliono Kadiga. Il testo ambientato nel 1884 si divide in due grandi emisferi, quello della casa e quello del parco del Valentino; nella mia regia ho cercato di mescolare i piani, di fonderli, di avvicinare a noi un’epoca passata, portando lo spettacolo a una visione futuribile. Le musiche, la scenografia e gli abiti sono stati costruiti artigianalmente da tre interpreti autoriali del proprio mestiere: Andrea "Jimmy" Catagnoli, Marco Scarpa e Lapi Lou. Voglio menzionare, oltre ai miei cari colleghi Marco De Rossi e Lucia Bianchi che hanno superato e sopportato prove difficili, Max Mugnai, a cui va un plauso speciale, vero e proprio alchimista della luce, capace di creare atmosfere, emozioni, pulsioni altre, un Deus ex Machina che ha spintolo spettacolo fino al limite. L'amore è qualcosa di meraviglioso, quello che prendi, quello che dai, quello che perdi e quello che avrai... questo è quello che risponderò alla prima persona che mi chiederà di questo spettacolo, questo è quello che sta dietro Con grande sprezzo del ridicolo.

Filippo Paolasini - Asini Bardasci

SABATO 14 OTTOBRE

H 19.15

CHIESA DI SANT’ANDREA

JACOPO JENNA

ALCUNE COREOGRAFIE

[durata 40 minuti]


ideazione, regia e videocoreografia Jacopo Jenna

collaborazione e danza Ramona Caia

collaborazione e video Roberto Fassone

musica originale Francesco Casciaro

luci e direzione tecnica Mattia Bagnoli

costume Eva di Franco

organizzazione Luisa Zuffo

produzione KLm - Kinkaleri

coproduzione Centrale Fies

con il supporto di Azienda Speciale Palaexpo – Mattatoio Progetto PrendersiCura

spettacolo selezionato per AEROWAVES 2022

e NID - Italian Dance Platform 2022

Alcune Coreografie mette in dialogo la danzatrice Ramona Caia con un prezioso e ponderoso lavoro di raccolta video, montaggio e successiva rielaborazione di una serie di tipologie di danze. La coreografia si costruisce attraverso la mimesi di una moltitudine di frammenti video montati in una sequenza serrata, frugando tra la storia della danza e della performance, attraversando il cinema e internet, in cerca di una materia cinetica sensibile. Diviso in due parti distinte, Alcune Coreografie parla della danza che parla della danza attraverso la danza e che con essa si confonde fino a produrre nuove immagini. La danzatrice incarna, trasforma, connette e riporta al presente il corpo dell’immagine, ne sonda la dinamica, la libertà e l’immediatezza linguistica senza un punto di vista privilegiato, lo sradica dall’immaginario nello svolgimento di una coreografia esatta. La danza tenta di liberarsi dalla forza dell’immagine, smettendo di riferirsi a qualcos’altro, per iniziare a rifarsi solo a se stessa. Nella seconda parte un video originale dell’artista Roberto Fassone offre una sequenza di coreografie visive, un paesaggio simbolico dove l’umano è assente ma che ancora cerca un rapporto con il corpo in scena e riflette su quella materia intangibile di cui la danza è fatta.

Jacopo Jenna è un coreografo, performer e filmaker. La sua ricerca indaga il corpo in relazione al movimento, attraverso un dialogo che investe la danza, la coreografia e il video generando diversi contesti performativi. Laureato in Sociologia, sviluppa i suoi studi nella danza presso Codarts (Rotterdam Dance Academy). Si occupa di formazione e percorsi educativi per varie fasce di età elaborando nuove strategie di relazione con l’arte perfomativa. Ha collaborato in Europa con compagnie stabili, progetti di ricerca coreografica e vari artisti tra cui Jacopo Miliani, Caterina Barbieri, Roberto Fassone, Ramona Caia, Bassam Abou Diab, Alberto Ricca Bienoise. Il suo lavoro è prodotto e supportato da spazioK/Kinkaleri, ha presentato i suoi progetti presso festival ed istituzioni internazionali tra i quali Centrale Fies (Dro), La Democrazia del Corpo (Firenze), MART (Rovereto), Contemporanea Festival (Prato), Pépinières européennes pour jeunes artistes/Jeune Création-Vidéo Cinéma, Fondazione Palazzo Strozzi (Firenze), Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci (Prato), Fabbrica Europa (Firenze), Fuorimargine (Cagliari), CROSS award, Danae Festival (Milano), Short Theatre (Roma), Dansem (Marsiglia), Bipod Festival (Beirut), Palazzo Grassi Punta della Dogana (Venezia), Chantiers d’Europe – Théâtre de la Ville (Parigi), Do Disturb – Palais de Tokyo (Parigi), Mudam – Museo di arte contemporanea Lussemburgo, Aerowaves Twenty22.

SABATO 14 OTTOBRE

H 21

TEATRO VENTIDIO BASSO

JAN FABRE / STELLA HÖTTLER

RESURREXIT CASSANDRA

[durata 70 minuti]

idea e regia Jan Fabre

testo Ruggero Cappuccio

musiche originali Arthur Lavandier

flauti Julie Brunet-Jailly, Alice Szymanski

interpretazione Stella Höttler

voce maschile Gustav Koenigs

drammaturgia Mark Geurden

luci Jan Fabre, Wout Janssens

costumi Jan Fabre, Kasia Mielczarek

assistente regia e aiuto prove Lore Borremans

tecnici Wout Janssens, Geert Van der Auwera

traduzione italiano - tedesco Verena Schmeiser

traduzione italiano - inglese Claire Jenkins

traduzione italiano - francese Sarah Pinto

produzione Troubleyn/Jan Fabre (Antwerp, BE)

coproduzione Fondazione Campania dei Festival - Napoli Teatro Festival Italia (Napels, IT)

TANDEM Scène nationale (Arras-Douai, FR), Tovstonogov Bolshoi Drama Theatre (St.-Petersburg, RU) Charleroi danse, Centre chorégraphique de Wallonie-Bruxelles (BE)

Spettacolo in lingua francese con sovratitoli in italiano

La performance solista Resurrexit Cassandra gira intorno alla resurrezione di redentrice chiamata Cassandra. Una sacerdotessa, una sciamana, una donna santa, una profetessa che predice il futuro. Avrebbe potuto salvare il mondo già tante volte. Avrebbe potuto proteggere la città di Troia, la città più antica che perì in un mare di fuoco, dal suo massacro fino alle urla e ai gridi delle donne stuprate e degli uomini a cui è stata tagliata la gola. Aveva predetto il triste destino di sua madre, il lungo viaggio di Odisseo, l’omicidio di Agamennone, che l’aveva rapita e tenuta come schiava e concubina da Troia fino alla sua morte… Cassandra sussurra, grida e strilla, ripete ciò che ha saputo per tanti anni, ci racconta le cose terribili che vede con i suoi occhi visionari, ma è come se ci fosse una voce che piange nella natura. Nessuno la ascolta, nessuno la crede, è rilegata al suo essere una pazza, un’idiota isterica, una sciocca esaltata.


Cassandra risorge dalla mitologia greca e dal Monte Olimpo – To glorify the cult of tragedy di Fabre. Risorge dalla sua tomba, dalla natura in cui ha trovato soccorso per tanti secoli, avvolgendosi con gli elementi. Lei è la nebbia e la rugiada. È il vento. È fumo e fuoco. È vapore. È pioggia. La sua resurrezione è la fiaba del ciclo della natura, dei fili di nebbia che inumidiscono la terra, del vento che alimentano le fiamme e scorticano la pelle, del vapore che dagli oceani ritorna nell’entroterra attratta dalle foglie e dalle foreste. Ma più Cassandra si guarda all’interno, con i suoi occhi velati, così da vedere in distanza, più il terreno paludoso risuona nella sua bocca. Il suo sguardo è scuro come la notte, tutta la luce è stata spazzata via, lei è tutta oscurità. È sopraffatta da ciò che vede. Troppa acqua e non abbastanza fogliame. Acqua salmastra, acqua inquinata e un’isola di spreco. Ferite aperte nella natura che fanno male agli occhi e alla pelle. Vede che il ciclo è andato storto, che la natura è stata distrutta e che tutto viene capovolto. Le fogne sono esposte, il fango viene mandato giù per la gola. Cassandra si accorge che le persone sono accecate, non sentono più le parole e ascoltano solo grida. Tutto puzza di zolfo e di marciume. Cassandra prova a parlare un’altra volta, le sue parole tagliano il legno, fondono il ferro, soffiano il vetro, cuciono la pelle... ma le sue parole cadono nel vuoto, nessuno ascolta, non c’è nessuna complicità negli occhi della gente, nessun ultimo briciolo di fede.

Cassandra parlerà cinque volte. In cinque fasi del lutto. In cinque elementi. In cinque colori. La sua resurrezione dalla terra che la portò, che mantenne la sua pelle calda e le sue labbra umide, è una Via Crucis. Ha solo amore da dare, morbidezza come una rima, respiro caldo, aria afosa. Lei danza per noi, è disposta a sottomettersi completamente fino al punto in cui i suoi pensieri iniziano ad andare in fumo, dove si instaura il silenzio completo, leggero e puro. All’estasi di essere e di non essere più. All'infinito. All'armonia. All’incarnazione della divinità. Chi sta ascoltando? Chi guarda? Di chi è la pelle ancora permeabile? La sacerdotessa porta in ogni mano una tartaruga, quelle creature misteriose che sembrano più vecchie di lei. Sono sopravvissute a tutti gli incendi del mondo, a ogni disastro ecologico, a tutte le piaghe dell’Egitto. La loro pelle è un'imbracatura, permette loro di essere deboli e sensibili.

Fabre le chiama le pietre oracolari, perché gli sciamani e i veggenti si affidavano a modelli e linee del carapace per leggere il futuro. Appartengono a Cassandra e Cassandra appartiene a loro. Cassandra è un grumo di terra. Sedimenti secolari che si sono diventati pelle. La sua voce risorge dai vapori e dalla terra umida. Lei è un desiderio ardente e luccicante. Non aspetta più di condividere il suo oracolo. Per l'ultima volta.

Resurrexit Cassandra è interpretato da Stella Höttler che aveva già interpretato ruoli importanti in Mount Olympus e Belgian rules/Belgium rules. Incarna Cassandra nel palco e nei cinque schermi a grandezza naturale con cui interagisce.

Il testo è stato scritto dal rinomato autore italiano Ruggero Cappuccio. Le musiche originali sono composte dal giovane compositore francese Arthur Lavandier. L’idea, la regia, la scenografia e le luci sono state supervisionate da Jan Fabre.

SABATO 14 OTTOBRE

H 23

CHIESA DI SAN PIETRO IN CASTELLO

DANIELA PES

SPIRA TOUR

Daniela Pes è nata nel cuore della Gallura nel 1992. La sua voce e la sua musica sfuggono alle classificazioni e ai contenitori predeterminati. Daniela Pes è immersa nel flusso della musica, come cantante, come strumentista, come musicista elettronica. Il suo è un talento multiforme. Il 14 aprile 2023 ha pubblicato il suo primo album, Spira, prodotto da Iosonouncane. Questo lavoro l’ha vista impegnata negli ultimi tre anni e traccerà la sintesi delle molte vite musicali di Daniela. Arriva infatti al debutto con un curriculum di tutto rispetto che include una laurea in Canto Jazz al Conservatorio di Sassari e una borsa di studio ai Seminari Estivi di Nuoro Jazz diretti da Paolo Fresu, che la porta a esibirsi a Time in Jazz e all’Harp Festival di Rio de Janeiro. Completano il quadro il prestigioso premio Andrea Parodi nel 2017 (dove vince il premio della critica, giuria internazionale, miglior musica e miglior arrangiamento) e il premio miglior musica e il premio Nuovoimaie a Musicultura nel 2018. Il suo album d’esordio Spira vince la Targa Tenco 2023 come Miglior Opera Prima.

ABBONAMENTI

[posti limitati]

DAL 20 SETTEMBRE


ABBONAMENTO INTERO FESTIVAL

[9 spettacoli, Officina oceanografica sentimentale fuori abbonamento] 50 euro


BIGLIETTI

DAL 20 SETTEMBRE

vendita i biglietti per gli spettacoli

del Teatro Ventidio Basso e del Teatro dei Filarmonici

DAL 30 SETTEMBRE

vendita i biglietti per tutti gli spettacoli

Chiesa di San Pietro in Castello 5 euro

Daniela Pes 8 euro

Chiesa di Sant’Andrea 8 euro

Pinacoteca 8 euro

Ridotto del Teatro Ventidio Basso 8 euro

Teatro dei Filarmonici 8 euro

Teatro Ventidio Basso 15 euro

Inferno 10 euro

Teatro Roulotte 3 euro

Samovar spettacoli fuori abbonamento per massimo 7 spettatori per recita

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dal lunedì al sabato dalle ore 9.30 alle ore 12.30

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